San Rocco

La sua storia.....

Rocco di Montpellier, universalmente noto come san Rocco (Montpellier, 1346/1350Voghera, notte tra il 15 e il 16 agosto 1376/1379), è stato un pellegrino e taumaturgo francese; è venerato come santo dalla Chiesa cattolica ed è patrono di numerose città e paesi. È il santo più invocato, dal Medioevo in poi, come protettore dal terribile flagello della peste, e la sua popolarità è tuttora ampiamente diffusa. Il suo patronato si è progressivamente esteso al mondo contadino, agli animali, alle grandi catastrofi come i terremoti, alle epidemie e malattie gravissime; in senso più moderno, è un grande esempio di solidarietà umana e di carità cristiana, nel segno del volontariato. Con il passare dei secoli è divenuto uno dei santi più conosciuti nel continente europeo e oltreoceano, ma è rimasto anche uno dei più misteriosi.[1]

L’adolescenza

 

Tutte le antiche fonti scritte concordano sul fatto che Rocco sia nato da una famiglia agiata di Montpellier, in Francia, anche se per la verità mancano adeguati riscontri documentari; resta il fatto, comunque, che questo dato, ormai tradizionale, non è mai stato messo in discussione, né sono state avanzate proposte o ‘rivendicazioni’ alternative. Anche della sua famiglia si conosce ben poco, ed i tentativi di individuarla non hanno dato alcun frutto. Per alcuni studiosi, peraltro, Roch non sarebbe il nome, bensì il cognome[2]; ma nonostante alcune ingegnose genealogie, l’ipotesi è risultata ben poco fondata. Tuttavia, la tesi più fortunata – ancor oggi – è quella che chiama in causa la famiglia Delacroix, ma anche in questo caso non esiste alcuna prova certa; anzi, Pierre Bolle ha fatto opportunamente notare, come importante documento a contrario, una contestazione addirittura di epoca seicentesca[3]. Il problema, dunque, rimane insoluto.

 

Comunque sia, secondo la tradizione, Rocco nacque, festeggiatissimo, come un dono miracoloso che veniva al mondo quando i genitori Jean e Libère, molto avanti negli anni, avevano perso la speranza di avere un erede per l’antico casato[4]. Ricevette un’educazione molto religiosa da parte della pia madre, che lo indirizzò verso una profonda devozione alla vergine Maria – a cui è associato in tutta l’iconografia che lo riguarda – e che lo spinse sin dalla nascita a diventare un “servo di Cristo”, ossia a seguire Cristo nelle sofferenze terrene prima di accedere alla gloria celeste, come si può notare dalla croce rossa marchiata sul suo petto come simbolo di vocazione eterna. Il suo sentimento religioso, i suoi comportamenti abituali (consolare il pianto dell’orfano, prestare assistenza all’infermo, dare da mangiare all’affamato), il suo carattere amabile nonostante le sue ricche origini, ricordavano a distanza di un secolo Francesco d’Assisi a cui Rocco era devoto[5]. A siffatte qualità d’animo con armonia si univano mirabili doti della mente grazie alla formazione sino all’età di vent’anni presso l’università di Montpellier, a cui affluivano giovani da ogni angolo della Francia. Perduti i genitori in giovane età, distribuì i suoi averi ai poveri e s’incamminò in pellegrinaggio verso Roma.

 

Il pellegrinaggio in Italia

 

Arrivato in Italia, durante le epidemie di peste andava a soccorrerne i contagiati anziché fuggire i luoghi ammorbati. Verosimilmente l’epidemia più rilevante di cui si tratta era la peste che investì l’Italia nel 13671368, anche se Rocco certamente aveva già conosciuto il drammatico evento durante la sua giovinezza, a Montpellier. La peste mieteva a migliaia le sue vittime, i colpiti non si contavano più e aumentavano i cadaveri insepolti; le città e le campagne erano abbandonate, preda di saccheggiatori e depravati; i medici non erano in grado di curare gli infermi, i sacerdoti erano insufficienti nel prestar conforto con la fede. In questa immane tragedia si faceva strada Rocco, allora ventenne, che nonostante la sua persona debolissima (piccolo di statura, pelle bianca, mani sottili ed eleganti, capelli biondi e arricciati, occhi dolci e pensosi e una testa piccola e regolare) si sentiva ugualmente idoneo ad affrontare il grave pericolo di un lungo viaggio e dedicarsi alla sua vera vocazione: la carità, senza alcun limite di tempo e spazio. Nel suo pellegrinaggio mai si confuse nella folla intenta a visitare ed ammirare le chiese e i monumenti delle città.[6]

 

Acquapendente è una delle poche città ricordate unanimemente da tutte le antiche agiografie, non solo come tappa fondamentale e irrinunciabile per qualunque pellegrino medievale diretto a Roma, ma soprattutto in quanto suggestivo luogo del primo, importante episodio della vita di san Rocco in terra italiana. L’incontro con Vincenzo, presumibilmente nel locale Hospitale di San Gregorio – incontro magistralmente narrato da Francesco Diedo nella sua Vita Sancti Rochi (1479) – è infatti diventato l’unico che possa essere paragonato, in termini di popolarità, con i celebri eventi della zona di Piacenza.[7] Un fatto straordinario accompagnò la missione del giovane pellegrino ad Acquapendente: su invito di un angelo, egli benediceva gli appestati con il segno della croce e all’istante li guariva toccandoli con la mano taumaturgica. Così, in breve tempo, l’epidemia si estinse.[8]

 

Analogamente si comportò Rocco in diverse altre località, dove intervenne per contrastare la peste, occupandosi di malati che, a volte, venivano abbandonati persino dai familiari. Molti di essi guarirono in modo miracoloso, il che contribuì a far emergere il carisma del santo presso una popolazione terrorizzata: basti dire che la peste nera del 1348 uccise un terzo, forse la metà, dell’intera Europa.

 

Per la verità, sono molte le città che sono state associate, nel corso dei secoli, al pellegrinaggio italiano di san Rocco. Ovviamente non è possibile certificare alcunché, ma quantomeno alcune località sono state tramandate dalle antiche agiografie quattrocentesche: oltre ad Acquapendente, Forlì, Cesena, Rimini (e la Romagna in genere), Roma, la zona di Treviso, Novara e Piacenza[9]. Voghera, invece, è comparsa nel manoscritto di Bartolomeo dal Bovo (si veda sopra).

 

Giunto a Roma, secondo la nuova cronologia, tra il 1367 ed il 1368, vi rimase tre anni e qui curò, fino ad ottenerne la guarigione, un cardinalenon meglio individuato, che comunque, secondo alcuni storici, andrebbe identificato con Anglico Grimoard, francese, originario di Grisac, fratello di papa Urbano V[10]; personaggio insigne per virtù religiose, uomo pratico di governo, fu nominato cardinale nel 1366 con il titolo di san Pietro in Vincoli. Fu lui a presentare Rocco al papa, per un’udienza che ha assunto una notevole importanza anche per le ricostruzioni cronologiche degli storici[11].

 

Malattia, isolamento e guarigione

 

Anche il ritorno da Roma a Montpellier fu interrotto da un’epidemia di peste, in corso a Piacenza. Rocco vi si fermò ma mentre assisteva gli ammalati, probabilmente nell’ospedale di Santa Maria di Betlemme, venne contagiato; per non mettere a rischio altre persone, si trascinò fino ad una grotta (tuttora esistente, trasformata in luogo di culto) lungo il fiume Trebbia, secondo la tradizione in una zona che all’epoca era alla periferia di Sarmato, sempre sulla via Francigena. Le antiche agiografie, a questo punto, narrano che un cane (che tanti artisti dipingeranno o scolpiranno al fianco del santo), durante la degenza di Rocco appestato, provvide quotidianamente a portargli come alimento un pezzo di pane sottratto alla mensa del suo padrone e signore del luogo; se si trattasse del castello di Sarmato, il nobile potrebbe essere identificato in Gottardo Pallastrelli, che, seguito il cane per i tortuosi sentieri della selva, giunse nella capanna di Rocco[12].

 

Soccorso e curato dal nobile signore, Rocco riprese il suo cammino. Gottardo voleva seguirlo nella vita di penitenza ma Rocco glielo sconsigliò. Nonostante ciò, talmente commosso alla vista di quel mendico e affascinato dalle sue parole, cedette anch’egli ai poveri il suo patrimonio e si ritirò da pellegrino in quella capanna[13]. Gottardo, secondo alcuni[14], divenne il primo biografo del santo pellegrino e (secondo la tradizione) ne dipinse il primo ritratto, tuttora visibile, affrescato nella chiesa di Sant’Anna di Piacenza: la datazione non coincide, ma si tratta comunque della più antica raffigurazione del santo, assieme ad una statua ora conservata a Grenoble[15].

 

La peste intanto riapparve di nuovo violenta a Piacenza e quindi Rocco ritornò in città sul campo d’azione; debellato definitivamente il morbo nella città e nei villaggi circostanti, il santo si ritirò nella selva, per occuparsi degli animali colpiti dalla peste, non più isolato bensì accompagnato da parecchi piacentini che professandosi suoi discepoli, mostrarono l’interesse di coadiuvarlo e trasmettere il suo coraggio e le sue parole. Esaurito il suo compito, decise di ritornare in patria.

 

Nel corso dei secoli, san Rocco è pure venerato quale Terziario francescano, al pari del beato Corrado Confalonieri da Piacenza[16], che fino al 1340 circa, proprio non molto lontano da Sarmato, si era ritirato nell’ hospitio di Calendasco, presso il passo del Po lungo la via Francigena, per poi partire pellegrino e morire nel 1351 a Noto in Sicilia.

 

I privilegi papali concessi al Terz’ordine regolare nel 1475 e poi nel 1547 per l'”Ufficiatura Liturgica propria di San Rocco”, fanno menzione di altri più antichi documenti papali, quali quelli di papa Onorio III e papa Gregorio IX.[17]